Musica Insieme (a photo tale)

13 Aprile 2010
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E’ stato amore a prima vista.

L’ho incontrata una sera, mescolata ad altre fotografie, su un tavolino bianco, nel buio di una stanza e nella luce di una lampada grande.

L’ho vista, e non sono riuscita a guardare niente altro, dopo. Solo lei.

Una distesa di neve, denso bianco, alberi grigi sulla sinistra, un cielo di latte. Due figure stilizzate sulla sommità della collina della neve. Niente altro.

Ho guardato a lungo la foto, cercando la via per entrare in quel paesaggio di luce. Quel che non sapevo, è che ero già dentro. E lei, la foto, era dentro di me.

Da quando ho ristrutturato il mio appartamento, rendendolo finalmente “casa mia”, non ho voluto appendere nulla alle pareti, né foto, né quadri, né disegni… nulla. Non volevo avere fretta. Volevo aspettare qualcosa che mi piacesse davvero, e che dicesse qualcosa di me. E che dicesse qualcosa “a me”.

Amo il jazz, e credevo che la prima immagine che avrebbe fatto il suo ingresso nella mia nuova casa sarebbe stata jazz. Ho cercato fra le immagini jazz dei grandi fotografi, ho cercato fra le foto scattate da me nei club. Volevo una foto che mi parlasse di musica, che suonasse per me, con me. Ma le foto che guardavo restavano silenti, tutte.

Mi sono stupita, quando d’impulso ho chiesto di poter portare quella foto a casa mia. Aspettavo una foto jazz, per le mie pareti. Jazz, il mio universo musicale. E invece cedevo alle lusinghe di una foto straniera. Meravigliata, ero, e perplessa.

Poi ho capito.

C’era musica, in quella foto. Suonava, senza musicisti e senza strumenti. Una musica silenziosa, note, e pause, e respiri di libertà. Una corrente fresca da respirare piano, come le note di un pianoforte. E il calore di un sax tenore, e l’abbraccio di un contrabbasso. E altro, ancora. Musica.

L’ho portata con me, mi sono immersa nel suo caldo bianco, e in quel bianco ho suonato, una sera. E ancora ho suonato, con lei, in una mattina di pioggia. E la distesa di neve è diventata un fiume, scorreva verso di me, insieme alle note che fluivano dal mio sax. Suonavo note, e loro tornavano a me con la corrente del fiume, più pulite, più fresche, più dense.

Con Filippo abbiamo cercato una cornice che andasse bene per lei. Avevamo un’idea, e non era quella giusta. E’ stata la foto a scegliere la sua cornice. Fra tutte quelle che abbiamo visto, ne ha scelta una che ha visto lei, in un angolo lontano del tavolo del corniciaio. Bordeaux. L’ha chiamata, ed io ho ascoltato. Abbiamo avvicinato la cornice ai bordi della foto. Il bianco ha assunto delicate sfumature di rosa, come un sorriso. “E’ lei”, ha detto Filippo. “E’ lei”, ho detto io.

Dice Filippo che la foto sta diventando molto femmina, sta cambiando. Dice anche che quando la porterò a casa nella sua nuova cornice sarà lei a scegliere dove stare. Ne sono certa. Basterà ascoltare.

Spero di saper essere sempre capace di ascoltare. E’ così che funziona, nelle relazioni.