Di taxi e di poesia

17 Gennaio 2014
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Questa volta sono stati i miei genitori a prendere il taxi, e ad ascoltare il racconto.

Il tassista dice di amare molto la poesia. Poi racconta.

Ha cominciato a lavorare da ragazzino, aveva 14 anni, cameriere. Un giorno nel ristorante dove lavora entra un uomo, la moglie deve andare in banca, lui la aspetta seduto al tavolo. Il padrone del ristorante chiama da parte il ragazzo, gli dice di occuparsi del cliente. Qualunque cosa ti chieda “il maestro”, tu portagliela. “Maestro”, chissà, sarà maestro elementare, pensa il ragazzo. L’uomo gli chiede cosa fa lì, da quanto tempo lavora. Il ragazzo racconta un po’ di sé, del padre che ha perso il lavoro, della madre malata, della necessità di cominciare a guadagnare per aiutare la famiglia. L’uomo riflette, poi dice io la conosco tua madre, ho un debito con lei. Tira fuori dal portafoglio diecimila lire, le dà al ragazzo, per cominciare a ripagare il suo debito, dice. Si raccomanda di non dire a nessuno di aver avuto soldi da lui, non voglio che si sappia che ho dei debiti, dice. Il ragazzo diecimila lire tutte insieme non le ha mai viste, le prende, le porta a casa.

Scoprirà, poi, che quell’uomo non aveva debiti.

Quell’uomo era Totò.